Il nostro corpo è abitato da un’infinità di microrganismi che compongono il microbiota, un ecosistema essenziale per la salute e il benessere. Tuttavia, quando il lavoro porta gli esseri umani in ambienti estremi, come la cabina di un aereo o la stazione spaziale internazionale, cosa accade a questo fragile equilibrio? Un’analisi approfondita di questo tema arriva dalla revisione narrativa Pilots, Astronauts, and the Aerospace Microbiota, che esplora l’impatto occupazionale sul microbiota di piloti e astronauti.
La ricerca sottolinea come le professioni aerospaziali influenzino in modo significativo il microbiota umano, alterandone la diversità e la composizione. Per i piloti, l’esposizione prolungata all’alta quota e al ritmo circadiano interrotto può ridurre i batteri benefici dell’intestino, con conseguenze sulla salute gastrointestinale e sul sistema immunitario. Per gli astronauti, le alterazioni sono ancora più profonde: nello spazio, la riduzione della gravità e l’isolamento portano a cambiamenti nel microbiota della pelle, della bocca, del naso e dell’intestino. Sono stati riscontrati aumenti di patogeni opportunistici e trasferimenti microbici tra l’equipaggio e le superfici della navicella.
Le potenzialità dei probiotici come contromisura emergono con forza in questo contesto. Questi microorganismi benefici potrebbero contrastare la disbiosi (lo squilibrio del microbiota) e supportare la salute dei lavoratori aerospaziali. Tuttavia, l’efficacia e la sicurezza dei probiotici devono essere validate attraverso studi più approfonditi, soprattutto in condizioni reali di volo spaziale.
La ricerca invita a esplorare nuovi approcci, come l’uso di strumenti avanzati di analisi metagenomica e il monitoraggio a lungo termine della salute degli astronauti, per sviluppare interventi personalizzati. Risorse innovative come l’Space Omics and Medical Atlas (SOMA) potrebbero rivelarsi fondamentali per integrare i dati e identificare soluzioni mirate.